Domenica ci sarà la
Maratona di New York. Vi tocca l’articolo sul mio blog, me lo
dovete concedere.
Stamattina quando mi sono svegliato, in quella fase in cui si cerca di
mettere a fuoco il programma della giornata, mi è tornato in mente un rito che
fa parte di quella straordinario giornata.
Per tre anni, 1998 – 2009 – 2011 ieri era il giorno per andare nella Grande Mela. Partenza giovedì e ritorno
il mercoledì mattina.
Metà vacanza e metà sofferenza.
Per chi
corre, la Maratona
di New York è veramente il punto di arrivo, per molti addirittura il sogno di una
vita.
Correre per quaranta chilometri su quelle strade, con quella luce e
tutta quella gente è un ricordo che poi ti porti dentro per sempre.
C’è però un aspetto che nessuno conosce, ed è quello che stamattina, nel
dormiveglia, mi è tornato in mente. Ne parlavo anche con Stefano, il
mitico fornaio di Monteverde che domenica sarà tra i 50 mila partecipanti.
La
partenza.
La gara
prende il via, a seconda della wave in cui siete, tra le 9.50 e le undici e
dieci.
Però
bisogna essere sul posto, tassativamente, entro le sette.
Ci vuole
un’ora abbondante per arrivarci, quindi si lascia l’albergo sempre intorno alle
cinque, cinque e mezza, ma prima bisogna aver fatto colazione.
Senza
contare che per l’agitazione probabilmente non avete chiuso occhio.
Pensate che dalle
sette a quando si parte si sta su un pratone ghiacciato e spazzato dal vento di
novembre.
Quando
arriva lo sparo praticamente siete già morti.
Certo, da
lì in poi è bellissimo.
Domenica mattina mi mancherà, ma forse è per questo che anche quest’anno
farò Roma.
Sveglia alle 8, prendo la mia moto, percorro la portuense, Testaccio e
partenza dai fori imperiali alle 9.30. Nella massima serenità.
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